Una conversazione sui social con Eugene Kaspersky

Il CEO di Kaspersky Lab risponde alle domande della nostra community sui social network.

Eugene Kaspersky

Eugene Kaspersky, CEO e fondatore di Kaspersky Lab, è uno degli esperti più importanti di sicurezza informatica a livello mondiale. Durante un recente viaggio in Brasile, ha risposto ad alcune domande della community sui social network di Kaspersky Lab in America Latina. Durante l’intervista, Eugene Kaspersky ha parlato delle sfide, del passato e del futuro dell’azienda, che vanta la sua presenza in oltre 30 paesi. Ecco a voi un resoconto di questa chiacchierata.

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Qual è la sfida più grande che hai dovuto affrontare?

Direi che la sfida più grande è stata creare un’azienda, prima in piccolo ma che poi si è trasformata in un gigante rinomato a livello mondiale.

Per quanto riguarda il futuro, la vera sfida è prevedere ciò che potrà succedere e costruire tecnologie in grado di far fronte a tutto. Dobbiamo sapere come reagire rapidamente alle minacce inattese e, ovvio, rispondere a tutte le domande che mi farete (ride).

Come vedi l’azienda tra dieci anni?

Vedo Kaspersky Lab sempre in prima linea nella lotta contro i cybercriminali. Sarà sicuramente un’azienda diversa rispetto a oggi ma lo spirito rimarrà intatto.

Last week we cut the ribbon and opened our new office in Milan. This will be our main Italian office #forzaitlaia

A photo posted by Kaspersky Lab (@kasperskylab) on

Kaspersky Lab ha mai bloccato attacchi informatici che avrebbero potuto mettere in pericolo la sicurezza a livello globale o mettere a repentaglio Internet in generale?

Chi lo sa… ogni anno blocchiamo milioni di attacchi e, se non lo facessimo, sicuramente alcune minacce diventerebbero una spina nel fianco in tutto il mondo. Ci sono stati alcuni casi davvero preoccupanti come “Chernobyl”, “Melissa” o “I Love You”.

Per evitare scenari apocalittici, abbiamo creato una piattaforma che comprende prodotti, tecnologie, corsi di formazione rivolti a utenti privati e aziende e che fomenta la collaborazione con le agenzie di sicurezza informatica nel mondo.

Quale codice dannoso ti è piaciuto scoprire di più?

Sicuramente quello del virus Chernobyl. Ci siamo imbattuti nel problema verso luglio o agosto, quando tutte le aziende antivirus erano in vacanza. Ne è passato di tempo, allora non c’era l’assistenza tecnica disponibile 24 ore su 24, 7 giorni su 7, la maggior parte degli esperti si trovavano offline. Dico sul serio, ero l’unico online (ride).

Un altro è stato Code Red; sono stato il primo a prevedere la natura epidemica di questa minaccia.

Purtroppo non analizzo più codici, ma sono sempre molto contento quando il mio team scopre minacce importanti come l’attacco Carbanak od operazioni di spionaggio su scala mondiale come Duqu 2.0.

Con l’evoluzione delle nuove tecnologie e dell’Internet delle cose, chi si preoccupa di proteggere questi dispositivi? Dovremo installare un antivirus anche su televisori e automobili?

Domanda interessante. Siamo dell’idea che la prossima ondata di attacchi riguarderà soprattutto le Smart TV, è solo questione di tempo. Abbiamo già sviluppato prototipi dei nostri prodotti in grado di adattarsi a questi dispositivi. In Asia, ad esempio, esistono sistemi di TV a pagamento che potrebbero attirare l’attenzione dei cybercriminali. È ironico, siamo noi che guardiamo la TV o è la TV che guarda noi? (ride)

Nel futuro Internet sarà sicuro al 100%?

Si tratta di una domanda un po’ filosofica. Prima viene lo sviluppo delle tecnologie e poi creiamo prodotti e servizi che si adattino a queste innovazioni. A questo punto possono sorgere dei problemi e facciamo di tutto per risolverli. Questa successione di eventi si verifica continuamente: prima si familiarizza con le tecnologie e poco a poco, con il tempo, ci rende conto di come si possono utilizzare in sicurezza.

Credo che al momento ci troviamo in una sorta di “Medioevo cibernetico”; abbiamo inventato le tecnologie e le stiamo impiegando a intervalli di tempo sempre più ristretti. Purtroppo, in questo ambiente così competitivo, bisogna creare nuovi sistemi a velocità crescente e ciò porta a lasciare un po’ indietro la questione sicurezza.

Tra 100 o 200 anni avremo imparato a creare reti completamente sicure. Sarebbe possibile già da ora, ma i costi sarebbero troppo alti e molte nuove tecnologie sarebbero impiegate con maggiore difficoltà.

Credo quindi che non sia arrivato ancora il momento di prodotti sicuri al 100% per utenti comuni. È sì ora di costruire sistemi e infrastrutture industriali che lo siano.

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